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Diritto Internazionale

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SENTENZA DELLA CORTE (Grande Sezione)

2 marzo 2010 (*)

«Cittadinanza dell’Unione – Art. 17 CE – Cittadinanza di uno Stato membro acquisita per nascita – Cittadinanza di un altro Stato membro acquisita per naturalizzazione – Perdita della cittadinanza originaria a motivo di tale naturalizzazione – Perdita con effetto retroattivo della cittadinanza ottenuta per naturalizzazione a causa di atti fraudolenti commessi in occasione della sua acquisizione – Apolidia comportante la perdita dello status di cittadino dell’Unione»

Nel procedimento C‑135/08,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dal Bundesverwaltungsgericht (Germania) con decisione 18 febbraio 2008, pervenuta in cancelleria il 3 aprile 2008, nella causa

Janko Rottmann

contro

Freistaat Bayern,

LA CORTE (Grande Sezione),

composta dal sig. V. Skouris, presidente, dai sigg. K. Lenaerts, J.‑C. Bonichot, E. Levits e dalla sig.ra P. Lindh, presidenti di sezione, dai sigg. C.W.A. Timmermans, A. Rosas, E. Juhász, G. Arestis, A. Borg Barthet, M. Ilešič, A. Ó Caoimh (relatore) e L. Bay Larsen, giudici,

avvocato generale: sig. M. Poiares Maduro

cancelliere: sig. B. Fülöp, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 21 aprile 2009,

considerate le osservazioni presentate:

–        per il sig. Rottmann, dal sig. W. Meng, professore, e dall’avv. H. Heinhold, Rechtsanwalt;

–        per il Freistaat Bayern, dagli avv.ti J. Mehler e M. Niese, Oberlandesanwälte;

–        per il governo tedesco, dai sigg. M. Lumma, N. Graf Vitzthum e B. Klein, in qualità di agenti;

–        per il governo belga, dalla sig.ra L. Van den Broeck, in qualità di agente;

–        per il governo ceco, dal sig. M. Smolek, in qualità di agente;

–        per il governo estone, dal sig. L. Uibo, in qualità di agente;

–        per il governo ellenico, dal sig. K. Georgiadis nonché dalle sig.re S. Alexandridou e G. Papagianni, in qualità di agenti;

–        per il governo lettone, dalla sig.ra E. Eihmane, dal sig. U. Dreimanis e dalla sig.ra K. Drēvina, in qualità di agenti;

–        per il governo austriaco, dal sig. E. Riedl e dalla sig.ra T. Fülöp, in qualità di agenti, assistiti dal sig. H. Eberwein, esperto;

–        per il governo polacco, dal sig. M. Dowgielewicz, in qualità di agente;

–        per la Commissione delle Comunità europee, dalle sig.re S. Grünheid e D. Maidani, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 30 settembre 2009,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione delle disposizioni del Trattato CE relative alla cittadinanza dell’Unione europea.

2        Tale domanda è stata proposta nell’ambito di una controversia tra il sig. Rottmann, ricorrente nella causa principale, ed il Freistaat Bayern, avente ad oggetto la revoca disposta da quest’ultimo della naturalizzazione del detto ricorrente.

 Contesto normativo

 Il diritto dell’Unione

3        La dichiarazione n. 2 sulla cittadinanza di uno Stato membro, allegata dagli Stati membri all’Atto finale del Trattato sull’Unione europea (GU 1992, C 191, pag. 98), è così formulata:

«La Conferenza dichiara che, ogniqualvolta nel Trattato che istituisce la Comunità europea si fa riferimento a cittadini degli Stati membri, la questione se una persona abbia la nazionalità di questo o quello Stato membro sarà definita soltanto in riferimento al diritto nazionale dello Stato membro interessato. (...)».

4        Nella sezione A della decisione dei Capi di stato e di governo riuniti nel Consiglio europeo di Edimburgo dell’11 e 12 dicembre 1992, concernente alcuni problemi attinenti al Trattato sull’Unione europea sollevati dalla Danimarca (GU 1992, C 348, pag. 1), è previsto quanto segue:

«Le disposizioni della parte seconda del Trattato che istituisce la Comunità europea riguardanti la cittadinanza dell’Unione conferiscono ai cittadini degli Stati membri diritti e tutela complementari come precisato nella parte stessa. Questi ultimi non si sostituiscono in alcun modo alla cittadinanza del singolo Stato. La questione se una persona abbia cittadinanza di uno Stato membro è definita esclusivamente in riferimento al diritto nazionale dello Stato membro interessato».

 Le normative nazionali

 La normativa tedesca

5        L’art. 16, n. 1, della Costituzione tedesca dichiara:

«Nessuno può essere privato della cittadinanza tedesca di cui sia in possesso. La perdita della cittadinanza può verificarsi soltanto in forza di una legge e, qualora intervenga contro la volontà dell’interessato, soltanto se questi non divenga apolide in virtù di tale fatto».

6        L’art. 8 della legge sulla cittadinanza (Reichs- und Staatsangehörigkeitsgesetz), nel testo applicabile fino al 31 dicembre 1999, così disponeva:

«Uno straniero stabilitosi in Germania può, a sua richiesta, ottenere la cittadinanza per naturalizzazione dal Land federale nel cui territorio egli si è stabilito, qualora:

1.      (…)

2.      non sia a lui applicabile alcuna delle cause di espulsione previste dagli artt. 46, punti 1‑4, e 47, nn. 1 o 2, della legge sugli stranieri [Ausländergesetz],

3.       egli abbia trovato, nel luogo dove si è stabilito, una propria abitazione o un alloggio, (...)

(…)».

7        Secondo le disposizioni tedesche in materia di nazionalità applicabili nell’ambito della causa principale, la naturalizzazione dello straniero era subordinata in linea di principio alla rinuncia o alla perdita della cittadinanza precedente.

8        L’art. 48, nn. 1 e 2, della legge generale sul procedimento amministrativo del Land Baviera (Bayerisches Verwaltungsverfahrensgesetz) ha il seguente tenore:

«(1)  Un atto amministrativo illegittimo, quand’anche divenuto definitivo, può essere revocato in tutto o in parte con effetto ex nunc o ex tunc. (…)

(2)       Un atto amministrativo illegittimo che concede una prestazione in danaro unica o continuativa oppure una prestazione in natura divisibile, ovvero che costituisce un presupposto per tali prestazioni, non può essere revocato qualora il beneficiario abbia confidato nel mantenimento dell’atto stesso ed il suo affidamento, previo confronto con l’interesse pubblico alla revoca dell’atto in questione, appaia meritevole di tutela. (…) Il beneficiario non può invocare il proprio legittimo affidamento qualora:

1.      abbia ottenuto l’adozione dell’atto amministrativo mediante frode, minaccia o corruzione,

2.      abbia ottenuto l’adozione dell’atto amministrativo fornendo indicazioni essenzialmente inesatte o incomplete,

3.      fosse a conoscenza dell’illegittimità dell’atto amministrativo ovvero l’ignorasse per grave negligenza.

[In questi] casi, l’atto amministrativo è di norma revocato con effetto ex tunc».

 La normativa austriaca

9        L’art. 27, n. 1, della legge sulla cittadinanza (Staatsbürgerschaftsgesetz, BGBl. 311/1985; in prosieguo: il «StbG») così recita:

«Chiunque abbia ottenuto, a seguito di sua istanza, dichiarazione o espresso consenso, una cittadinanza straniera, incorre nella perdita della cittadinanza austriaca, salvo che egli sia stato preventivamente autorizzato a mantenerla».

10      Un’autorizzazione a conservare la cittadinanza austriaca presuppone, a norma dell’art. 28, n. 1, punto 1, del StbG, che tale mantenimento della cittadinanza corrisponda all’interesse della Repubblica d’Austria, a motivo di prestazioni che la persona interessata ha già fornito o che il detto Stato membro può attendersi da essa, ovvero a motivo di circostanze particolari di cui occorre tener conto.

11      Risulta dalle osservazioni del governo austriaco che, secondo il diritto di tale Stato membro, la perdita di una cittadinanza straniera acquisita per naturalizzazione – indipendentemente dal fatto che tale perdita intervenga ex nunc o ex tunc nell’ordinamento giuridico dello Stato di naturalizzazione – non comporta automaticamente che l’interessato, il quale a motivo dell’acquisizione della citata cittadinanza straniera abbia perso la cittadinanza austriaca, recuperi retroattivamente quest’ultima.

12      Secondo il detto governo, in un caso siffatto, la cittadinanza austriaca può essere nuovamente ottenuta soltanto in forza di una decisione amministrativa e a condizione che siano soddisfatti i presupposti a tal fine previsti dagli artt. 10 e seguenti del StbG.

13      L’art. 10 del StbG, nella versione entrata in vigore il 23 marzo 2006, così dispone:

«(1)      Salvo contraria disposizione della presente legge federale, la cittadinanza può essere concessa ad uno straniero soltanto a condizione che questi:

1.      abbia soggiornato legalmente e senza interruzioni nel territorio federale da almeno dieci anni, e per almeno cinque di questi sia stato ivi stabilito;

2.       non sia stato condannato con sentenza definitiva ad una pena detentiva da un giudice nazionale o straniero a motivo di uno o più reati dolosi, (…);

3.      non sia stato condannato con sentenza definitiva ad una pena detentiva da un giudice nazionale per reati finanziari;

4.       non sia pendente nei suoi confronti dinanzi ad un giudice nazionale alcun procedimento penale relativo ad un reato doloso ovvero ad un reato finanziario, entrambi punibili con una pena detentiva;

(…)

(2)      La cittadinanza non può essere concessa ad uno straniero nel caso in cui questi:

(…)

2.      abbia riportato più volte una condanna definitiva per gravi illeciti amministrativi presentanti un particolare disvalore (...);

(…)

(4)      La condizione stabilita al paragrafo 1, punto 1, [nonché] l’impedimento alla concessione della cittadinanza di cui al paragrafo 2, punto 2, (...) non trovano applicazione:

1.      ad uno straniero soggiornante nel territorio austriaco, il quale abbia posseduto per almeno dieci anni ininterrottamente la cittadinanza austriaca e l’abbia persa per motivi diversi dalla revoca (…);

(…)».

 Il diritto internazionale

 La Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo

14      L’art. 15 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, adottata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite il 10 dicembre 1948, enuncia quanto segue:

«1.      Ogni individuo ha diritto ad una cittadinanza.

2.      Nessun individuo potrà essere arbitrariamente privato della sua cittadinanza, né del diritto di mutare cittadinanza».

 La Convenzione sulla riduzione dei casi di apolidia

15      L’art. 7 della Convenzione sulla riduzione dei casi di apolidia, conclusa a New York il 30 agosto 1961 ed entrata in vigore il 13 dicembre 1975, ha il seguente tenore:

«1.      a) Ove la legislazione di uno Stato contraente preveda la possibilità di rinunciare alla cittadinanza, tale rinuncia non comporta per l’interessato la perdita della propria cittadinanza se non qualora egli ne possegga o acquisisca un’altra;

(…)

2.      Il cittadino di uno Stato contraente che chieda la naturalizzazione in un paese straniero non perde la propria cittadinanza se non nel caso in cui egli acquisisca o riceva la garanzia di acquisire la cittadinanza di tale paese straniero.

3.      Salve le disposizioni dei paragrafi 4 e 5 del presente articolo, nessuno può perdere la cittadinanza, e per tale motivo divenire apolide, per il fatto di aver lasciato il paese di cui è cittadino, di aver riseduto all’estero, di aver omesso di iscriversi nei registri, oppure per qualsiasi altra ragione similare.

4.      La persona naturalizzata può perdere la propria cittadinanza per il fatto di aver risieduto all’estero per un periodo, non inferiore a sette anni consecutivi, stabilito dallo Stato contraente interessato, qualora essa non dichiari alle autorità competenti la propria intenzione di conservare la propria cittadinanza.

(…)

6.      Salvi i casi previsti dal presente articolo, una persona non può perdere la cittadinanza di uno Stato contraente qualora ciò abbia la conseguenza di renderlo apolide, nonostante che tale perdita non sia espressamente proibita da qualsiasi altra disposizione della presente convenzione».

16      L’art. 8 della detta convenzione così dispone:

«1.      Gli Stati contraenti non priveranno alcuna persona della sua cittadinanza qualora ciò abbia l’effetto di renderla apolide.

2.      Nonostante il disposto del paragrafo 1 del presente articolo, una persona può essere privata della cittadinanza di uno Stato contraente:

a)      qualora, a norma dei paragrafi 4 e 5 dell’art. 7, sia consentito che taluno perda la propria cittadinanza;

b)      qualora l’interessato abbia ottenuto tale cittadinanza mediante una falsa dichiarazione o qualsiasi altro atto fraudolento.

(…)

4.      Uno Stato contraente farà uso della facoltà di privare una persona della sua cittadinanza, a norma dei paragrafi 2 e 3 del presente articolo, soltanto conformemente alla legge, la quale dovrà prevedere la possibilità per l’interessato di far valere le proprie ragioni dinanzi ad un giudice o ad un altro organismo indipendente».

17      L’art. 9 della medesima convenzione stabilisce che gli Stati contraenti non priveranno della cittadinanza alcuna persona o gruppo di persone per ragioni di ordine razziale, etnico, religioso o politico.

 La Convenzione europea sulla cittadinanza

18      La Convenzione europea sulla cittadinanza, datata 6 novembre 1997, è stata adottata nell’ambito del Consiglio d’Europa ed è entrata in vigore il 1° marzo 2000. Da tale data essa è applicabile in Austria, ed è stata ratificata dalla Repubblica federale di Germania l’11 maggio 2005. L’art. 3 di tale convenzione prevede quanto segue:

«1.      Spetta a ciascuno Stato stabilire, attraverso la propria legislazione, chi siano i suoi cittadini.

2.      Tale legislazione deve essere riconosciuta dagli altri Stati, a condizione che sia in accordo con le convenzioni internazionali applicabili, con il diritto internazionale consuetudinario e con i principi di diritto generalmente riconosciuti in materia di cittadinanza».

19      L’art. 4 della medesima convenzione così dispone:

«Le norme sulla cittadinanza di ciascuno Stato contraente devono essere fondate sui seguente principi:

a.      ogni persona ha diritto ad una cittadinanza;

b.      occorre evitare l’apolidia;

c.      nessuno può essere arbitrariamente privato della sua cittadinanza;

(…)».

20      L’art. 7 della detta convenzione è redatto come segue:

«1.      Uno Stato contraente non può prevedere nella propria normativa nazionale la perdita della cittadinanza ipso iure o per sua iniziativa, tranne nei seguenti casi:

a)      acquisizione volontaria di un’altra cittadinanza;

b)      acquisizione della cittadinanza dello Stato contraente a seguito di atti fraudolenti, false dichiarazioni o dissimulazione di fatti rilevanti da parte del richiedente;

(…).

3.      Uno Stato contraente non può prevedere nella propria normativa nazionale la perdita della cittadinanza a norma dei paragrafi 1 e 2 del presente articolo qualora in conseguenza di ciò l’interessato divenga apolide, fatti salvi i casi menzionati al paragrafo 1, lett. b), di questo stesso articolo».

21      L’art. 9 della Convenzione europea sulla cittadinanza prevede che ciascuno Stato contraente faciliterà, nei casi e nei modi previsti dalla sua normativa interna, la reintegrazione nella propria cittadinanza delle persone che la possedevano e che risiedano legalmente e abitualmente nel suo territorio.

 Causa principale e questioni pregiudiziali

22      Il ricorrente nella causa principale è nato a Graz (Austria) e in origine era, per nascita, cittadino della Repubblica d’Austria.

23      Nel 1995 egli ha trasferito il proprio domicilio a Monaco di Baviera (Germania), dopo essere stato sentito dal Landesgericht für Strafsachen Graz (Tribunale regionale per le cause penali di Graz) nell’ambito di un’inchiesta avviata nei suoi confronti per il sospetto – da lui respinto – di truffa aggravata nell’esercizio della sua professione.

24      Nel febbraio 1997 il Landesgericht für Strafsachen Graz ha emesso un mandato di arresto nazionale nei confronti del ricorrente nella causa principale.

25      Costui ha chiesto, nel febbraio 1998, la cittadinanza tedesca. Nel corso del procedimento di naturalizzazione, egli ha omesso di menzionare le azioni penali avviate nei suoi confronti in Austria. L’atto di naturalizzazione, in data 25 gennaio 1999, gli è stato rilasciato il 5 febbraio 1999.

26      La naturalizzazione in Germania del ricorrente nella causa principale ha avuto l’effetto, come previsto dal diritto austriaco, di fargli perdere la cittadinanza austriaca.

27      Nell’agosto 1999 la città di Monaco di Baviera è stata informata dalle autorità municipali di Graz che sul ricorrente nella causa principale gravava un mandato di arresto spiccato in quest’ultima città. Inoltre, nel settembre 1999, il pubblico ministero austriaco ha informato la città di Monaco di Baviera, tra l’altro, del fatto che il ricorrente nella causa principale era già stato sottoposto ad azione penale nel luglio 1995 dinanzi al Landesgericht für Strafsachen Graz.

28      Alla luce di tali fatti, il Freistaat Bayern, previa audizione del ricorrente nella causa principale, ha disposto con decisione in data 4 luglio 2000 la revoca della naturalizzazione con effetto ex tunc, in quanto l’interessato aveva celato il fatto che a suo carico era stata avviata un’istruttoria penale in Austria ed egli aveva dunque ottenuto fraudolentemente la cittadinanza tedesca. La revoca della naturalizzazione ottenuta in Germania non è ancora divenuta definitiva a motivo del ricorso di annullamento proposto contro tale decisione dal ricorrente nella causa principale.

29      Statuendo in grado di appello, il Bayerischer Verwaltungsgerichtshof (Corte amministrativa del Land Baviera) ha deciso, con sentenza 25 ottobre 2005, che la revoca della naturalizzazione del ricorrente nella causa principale, fondata sull’art. 48, n. 1, prima frase, della legge generale sul procedimento amministrativo del Land Baviera, è compatibile con il diritto tedesco, anche nel caso in cui il provvedimento, una volta divenuto definitivo, dovesse avere l’effetto di rendere apolide l’interessato.

30      Contro tale sentenza del 25 ottobre 2005 il ricorrente nella causa principale ha proposto un ricorso per cassazione («Revision»), attualmente pendente dinanzi al Bundesverwaltungsgericht (Corte suprema amministrativa).

31      Il giudice del rinvio osserva che la naturalizzazione acquisita in modo fraudolento dal ricorrente nella causa principale era illegittima sin dall’origine e poteva di conseguenza essere revocata dalle autorità tedesche competenti nell’esercizio del loro potere discrezionale. Il detto giudice precisa che, a norma delle pertinenti disposizioni del diritto austriaco, ossia del StbG, il ricorrente nella causa principale non soddisfa attualmente le condizioni per vedersi immediatamente restituita la cittadinanza austriaca.

32      Nella sua sentenza, il Bayerischer Verwaltungsgerichtshof aveva rilevato che, nel caso in cui, per effetto della revoca di una naturalizzazione ottenuta con la frode, una persona divenga apolide, perdendo così la cittadinanza dell’Unione, è sufficiente, perché sia rispettata la riserva formulata dalla Corte nella sentenza 7 luglio 1992, causa C‑369/90, Micheletti e a. (Racc. pag. I‑4239) – secondo la quale gli Stati membri devono esercitare le proprie competenze in materia di cittadinanza rispettando il diritto dell’Unione –, che l’importanza dei diritti conferiti in virtù di tale cittadinanza dell’Unione venga presa in considerazione dalla competente autorità tedesca nell’esercizio del suo potere discrezionale. Secondo il detto giudice, supporre l’esistenza, nel diritto dell’Unione, di un obbligo di non procedere alla revoca di una naturalizzazione ottenuta mediante la frode avrebbe la conseguenza di minare, nella sua essenza, il potere sovrano degli Stati membri, riconosciuto dall’art. 17, n. 1, CE, di definire le modalità di applicazione delle proprie norme sulla cittadinanza.

33      Per contro, il giudice del rinvio ritiene che l’importanza e la portata della suddetta riserva formulata nella citata sentenza Micheletti e a. non siano ancora state chiarite nella giurisprudenza della Corte. Da tale riserva la Corte avrebbe unicamente dedotto il principio secondo cui uno Stato membro non può restringere gli effetti di un’attribuzione di cittadinanza compiuta da un altro Stato membro stabilendo una condizione supplementare per il riconoscimento di tale cittadinanza ai fini dell’esercizio di una libertà fondamentale prevista dal Trattato CE. Secondo il detto giudice, non è sufficientemente chiaro se lo status di apolide e la perdita della cittadinanza dell’Unione regolarmente acquisita in un momento precedente, determinata dalla revoca di una naturalizzazione, siano compatibili con il diritto dell’Unione, e segnatamente con l’art. 17, n. 1, CE.

34      Il giudice del rinvio reputa quanto meno possibile che la Repubblica d’Austria, in quanto Stato membro di cui era originariamente cittadino il ricorrente nella causa principale, sia tenuta, in forza del principio di lealtà verso l’Unione, nonché tenuto conto dei valori che trovano espressione nella Convenzione sulla riduzione dei casi di apolidia e nell’art. 7, n. 1, lett. b), della Convenzione europea sulla cittadinanza, ad interpretare ed applicare le proprie norme nazionali, ovvero ad adattarle in modo tale da evitare che l’interessato divenga apolide qualora egli – come nell’odierna fattispecie – non sia stato autorizzato a conservare la propria cittadinanza di origine a seguito dell’acquisizione di una cittadinanza straniera.

35      Sulla scorta di tali premesse, il Bundesverwaltungsgericht ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)       Se il diritto comunitario osti alla conseguenza giuridica della perdita della cittadinanza dell’Unione (e dei diritti e delle libertà fondamentali ad essa associati), derivante dal fatto che la revoca, in sé legittima ai sensi del diritto nazionale (tedesco), di una naturalizzazione come cittadino di uno Stato membro (Germania) ottenuta con la frode produce l’effetto, in combinazione con la normativa nazionale sulla cittadinanza di un altro Stato membro (Austria), di rendere apolide l’interessato, come nella fattispecie è accaduto al ricorrente a seguito della mancata reviviscenza dell’originaria cittadinanza austriaca.

2)      Nel caso in cui la prima questione sia risolta in senso affermativo, se lo Stato membro (...) che ha naturalizzato il cittadino dell’Unione e che intende revocare la naturalizzazione ottenuta in modo fraudolento debba, nel rispetto del diritto comunitario, astenersi totalmente o temporaneamente da tale revoca, qualora o fintanto che quest’ultima abbia come giuridica conseguenza (...) la perdita della cittadinanza dell’Unione (e dei diritti e delle libertà fondamentali ad essa associati), oppure se lo Stato membro (...) della precedente cittadinanza sia tenuto, nel rispetto del diritto comunitario, ad interpretare ed applicare o anche a modificare il proprio diritto nazionale in modo da evitare il prodursi della suddetta conseguenza».

 Sulle questioni pregiudiziali

 Sulla prima questione e sulla prima parte della seconda questione

36      Con la prima questione e la prima parte della seconda questione, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se il diritto dell’Unione, e segnatamente l’art. 17 CE, osti a che uno Stato membro revochi ad un cittadino dell’Unione la cittadinanza di tale Stato acquisita per naturalizzazione in maniera fraudolenta, qualora tale revoca privi l’interessato del suo status di cittadino dell’Unione e del godimento dei diritti ad esso correlati, rendendolo apolide, in quanto l’acquisizione per naturalizzazione della cittadinanza dello Stato membro suddetto aveva determinato, in capo alla persona interessata, la perdita della cittadinanza del suo Stato membro di origine.

37      Tutti i governi che hanno presentato osservazioni alla Corte, nonché il Freistaat Bayern e la Commissione delle Comunità europee fanno valere che le norme disciplinanti l’acquisizione e la perdita della cittadinanza rientrano nella competenza degli Stati membri. Alcuni dei suddetti intervenienti ne deducono che una decisione di revoca della naturalizzazione quale quella di cui alla causa principale non può ricadere nell’ambito del diritto dell’Unione. Essi rinviano, in tale contesto, alla dichiarazione n. 2 sulla cittadinanza di uno Stato membro, allegata dagli Stati membri all’Atto finale del Trattato UE.

38      I governi tedesco e austriaco fanno altresì valere che, al momento della decisione di revoca della naturalizzazione del ricorrente nella causa principale, costui era cittadino tedesco, residente in Germania e destinatario di un atto amministrativo promanante da un’autorità tedesca. Secondo i suddetti governi, sostenuti dalla Commissione, si tratta dunque di una situazione puramente interna priva di qualsiasi collegamento con il diritto dell’Unione, dato che quest’ultimo non sarebbe applicabile per il semplice fatto che uno Stato membro adotti una misura nei confronti di uno dei suoi cittadini. La circostanza che, in una situazione quale quella di cui alla causa principale, l’interessato abbia fatto uso del suo diritto alla libera circolazione prima della sua naturalizzazione non varrebbe di per sé sola a costituire un elemento transfrontaliero atto a giocare un ruolo rispetto alla revoca della naturalizzazione stessa.

39      A questo proposito, occorre ricordare che, secondo una costante giurisprudenza, la determinazione dei modi di acquisto e di perdita della cittadinanza rientra, in conformità al diritto internazionale, nella competenza di ciascuno Stato membro (sentenze Micheletti e a., cit., punto 10; 11 novembre 1999, causa C‑179/98, Mesbah, Racc. pag. I‑7955, punto 29, e 19 ottobre 2004, causa C‑200/02, Zhu e Chen, Racc. pag. I‑9925, punto 37).

40      Vero è che la dichiarazione n. 2 sulla cittadinanza di uno Stato membro, allegata dagli Stati membri all’Atto finale del Trattato UE, nonché la decisione dei Capi di stato e di governo riuniti nel Consiglio europeo di Edimburgo dell’11 e 12 dicembre 1992, concernente alcuni problemi attinenti al Trattato UE sollevati dalla Danimarca – l’una e l’altra destinate a chiarire una questione particolarmente importante per gli Stati membri, ossia la delimitazione dell’ambito di applicazione ratione personae delle disposizioni del diritto dell’Unione che fanno riferimento alla nozione di cittadino – devono essere prese in considerazione quali strumenti di interpretazione del Trattato CE, segnatamente al fine di stabilire la sfera di applicazione ratione personae di quest’ultimo.

41      Tuttavia, il fatto che una materia rientri nella competenza degli Stati membri non impedisce che, in situazioni ricadenti nell’ambito del diritto dell’Unione, le norme nazionali di cui trattasi debbano rispettare quest’ultimo [v., in tal senso, sentenze 24 novembre 1998, causa C‑274/96, Bickel e Franz, Racc. pag. I‑7637, punto 17 (riguardo ad una normativa nazionale in materia penale e di procedura penale); 2 ottobre 2003, causa C‑148/02, Garcia Avello, Racc. pag. I‑11613, punto 25 (in relazione a norme nazionali in materia di nome delle persone); 12 luglio 2005, causa C‑403/03, Schempp, Racc. pag. I‑6421, punto 19 (relativamente a norme nazionali in materia di fiscalità diretta), e 12 settembre 2006, causa C‑145/04, Spagna/Regno Unito, Racc. pag. I‑7917, punto 78 (riguardo a norme nazionali che individuano i titolari del diritto di elettorato attivo e passivo alle elezioni del Parlamento europeo)].

42      Con tutta evidenza, la situazione di un cittadino dell’Unione che – come il ricorrente nella causa principale – si trovi alle prese con una decisione di revoca della naturalizzazione adottata dalle autorità di uno Stato membro, la quale lo ponga, dopo la perdita della cittadinanza di un altro Stato membro da lui posseduta in origine, in una situazione idonea a cagionare il venir meno dello status conferito dall’art. 17 CE e dei diritti ad esso correlati, ricade, per sua natura e per le conseguenze che produce, nella sfera del diritto dell’Unione.

43      Come la Corte ha sottolineato in varie occasioni, lo status di cittadino dell’Unione è destinato ad essere lo status fondamentale dei cittadini degli Stati membri (v., in particolare, sentenze 20 settembre 2001, causa C‑184/99, Grzelczyk, Racc. pag. I‑6193, punto 31, e 17 settembre 2002, causa C‑413/99, Baumbast e R, Racc. pag. I‑7091, punto 82).

44      L’art. 17, n. 2, CE ricollega allo status suddetto i doveri e i diritti contemplati dal Trattato CE, tra cui quello di avvalersi dell’art. 12 CE in tutte le situazioni che rientrano nel campo di applicazione ratione materiae del diritto dell’Unione (v., in particolare, sentenze 12 maggio 1998, causa C‑85/96, Martínez Sala, Racc. pag. I‑2691, punto 62, e Schempp, cit., punto 17).

45      Pertanto, gli Stati membri devono, nell’esercizio della loro competenza in materia di cittadinanza, rispettare il diritto dell’Unione (sentenze Micheletti e a., cit., punto 10; Mesbah, cit., punto 29; 20 febbraio 2001, causa C‑192/99, Kaur, Racc. pag. I‑1237, punto 19, nonché Zhu e Chen, cit., punto 37).

46      Date tali circostanze, spetta alla Corte pronunciarsi sulle questioni pregiudiziali sollevate dal giudice del rinvio, che riguardano i presupposti in presenza dei quali un cittadino dell’Unione può, a motivo della perdita della propria cittadinanza, vedersi privato di tale qualità di cittadino dell’Unione e, dunque, dei diritti a questa connessi.

47      A questo proposito, i dubbi del giudice del rinvio vertono essenzialmente sulla riserva enunciata nella giurisprudenza della Corte citata al punto 45 della presente sentenza, secondo cui gli Stati membri devono, nell’esercizio della loro competenza in materia di cittadinanza, rispettare il diritto dell’Unione, nonché sulle conseguenze di tale riserva in una situazione quale quella oggetto della causa principale.

48      La riserva relativa alla necessità di rispettare il diritto dell’Unione non pregiudica il principio di diritto internazionale già riconosciuto dalla Corte, e ricordato al punto 39 della presente sentenza, secondo cui gli Stati membri sono competenti a determinare i modi di acquisto e di perdita della cittadinanza, ma consacra il principio in virtù del quale, quando si tratti di cittadini dell’Unione, l’esercizio di tale competenza – qualora leda i diritti riconosciuti e tutelati dall’ordinamento giuridico dell’Unione, come in particolare nel caso di una decisione di revoca della naturalizzazione quale quella in questione nella causa principale – può essere sottoposto a un controllo giurisdizionale condotto alla luce del diritto dell’Unione.

49      Contrariamente alla ricorrente nella causa decisa dalla citata sentenza Kaur, la quale, non rispondendo alla definizione di cittadino del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, non ha potuto essere privata dei diritti derivanti dallo status di cittadino dell’Unione, il ricorrente nella causa principale ha incontestabilmente posseduto le cittadinanze prima austriaca e poi tedesca ed ha goduto, di conseguenza, del detto status e dei diritti ad esso correlati.

50      Tuttavia, come evidenziato da vari governi nelle loro osservazioni presentate alla Corte, qualora una decisione di revoca della naturalizzazione, quale quella in questione nella causa principale, sia fondata sulla frode commessa dall’interessato nell’ambito della procedura di acquisizione della cittadinanza di cui trattasi, una simile decisione potrebbe risultare conforme al diritto dell’Unione.

51      Infatti, una decisione di revoca della naturalizzazione a motivo di atti fraudolenti corrisponde ad un motivo di pubblico interesse. Al riguardo, è legittimo che uno Stato membro voglia proteggere il particolare rapporto di solidarietà e di lealtà tra esso e i propri cittadini nonché la reciprocità di diritti e di doveri, che stanno alla base del vincolo di cittadinanza.

52      Tale conclusione in merito alla legittimità, in via di principio, di una decisione di revoca della naturalizzazione adottata in circostanze quali quelle di cui alla causa principale risulta corroborata dalle pertinenti disposizioni della Convenzione sulla riduzione dei casi di apolidia. Infatti, l’art. 8, n. 2, di quest’ultima stabilisce che una persona può vedersi privata della cittadinanza di uno Stato contraente qualora l’abbia ottenuta mediante false dichiarazioni o qualsiasi altro atto fraudolento. Allo stesso modo, l’art. 7, nn. 1 e 3, della Convenzione europea sulla cittadinanza non vieta ad uno Stato contraente di privare taluno della sua cittadinanza, quand’anche questi diventi in tal modo apolide, nel caso in cui tale cittadinanza sia stata ottenuta dall’interessato mediante una condotta fraudolenta, fornendo false dichiarazioni oppure dissimulando un fatto rilevante.

53      Tale conclusione è peraltro conforme al principio di diritto internazionale generale secondo cui nessuno può essere arbitrariamente privato della propria cittadinanza, il quale viene ripreso all’art 15, n. 2, della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo e all’art. 4, lett. c), della Convenzione europea sulla cittadinanza. Infatti, allorché uno Stato priva una persona della sua cittadinanza a motivo della condotta fraudolenta, legalmente accertata, da essa posta in essere, una simile privazione non può essere considerata come un atto arbitrario.

54      Tali considerazioni in merito alla legittimità, in via di principio, di una decisione di revoca della naturalizzazione a motivo di atti fraudolenti conservano, di massima, la loro validità nel caso in cui tale revoca determini come conseguenza che l’interessato perda, oltre alla cittadinanza dello Stato membro di naturalizzazione, la cittadinanza dell’Unione.

55      Tuttavia, in una simile ipotesi, spetta al giudice del rinvio verificare se la decisione di revoca in questione nella causa principale rispetti il principio di proporzionalità per quanto riguarda le conseguenze che essa determina sulla situazione dell’interessato in rapporto al diritto dell’Unione, in aggiunta, se del caso, all’esame della proporzionalità di tale decisione sotto il profilo del diritto nazionale.

56      Pertanto, vista l’importanza che il diritto primario annette allo status di cittadino dell’Unione, è necessario, nell’esaminare una decisione di revoca della naturalizzazione, tener conto delle possibili conseguenze che tale decisione comporta per l’interessato e, eventualmente, per i suoi familiari sotto il profilo della perdita dei diritti di cui gode ogni cittadino dell’Unione. A questo proposito, è importante verificare, in particolare, se tale perdita sia giustificata in rapporto alla gravità dell’infrazione commessa dall’interessato, al tempo trascorso tra la decisione di naturalizzazione e la decisione di revoca, nonché alla possibilità per l’interessato di recuperare la propria cittadinanza di origine.

57      Per quanto riguarda più in particolare quest’ultimo aspetto, uno Stato membro del quale sia stata acquisita la cittadinanza in maniera fraudolenta non può essere ritenuto obbligato, in forza dell’art. 17 CE, ad astenersi dalla revoca della naturalizzazione per il solo fatto che l’interessato non abbia recuperato la cittadinanza del suo Stato membro di origine.

58      Spetta tuttavia al giudice nazionale valutare se, alla luce dell’insieme delle circostanze pertinenti, il rispetto del principio di proporzionalità esiga che, prima che una siffatta decisione di revoca della naturalizzazione divenga efficace, venga concesso all’interessato un termine ragionevole affinché egli possa tentare di recuperare la cittadinanza del suo Stato membro di origine.

59      Alla luce di quanto precede, occorre risolvere la prima questione e la prima parte della seconda questione dichiarando che il diritto dell’Unione, e segnatamente l’art. 17 CE, non osta a che uno Stato membro revochi ad un cittadino dell’Unione la cittadinanza di tale Stato acquisita per naturalizzazione, qualora questa sia stata ottenuta in maniera fraudolenta, a condizione che tale decisione di revoca rispetti il principio di proporzionalità.

 Sulla seconda parte della seconda questione

60      Con la seconda parte della seconda questione, il giudice del rinvio chiede in sostanza se, qualora un cittadino dell’Unione posto in una situazione quale quella del ricorrente nella causa principale si veda colpito da una decisione di revoca della naturalizzazione che rischia di portare alla perdita del suo status di cittadino dell’Unione, il diritto dell’Unione, e segnatamente l’art. 17 CE, debba essere interpretato nel senso che lo Stato membro di cui il predetto possedeva in origine la cittadinanza ha l’obbligo di interpretare la propria normativa nazionale in modo da evitare la perdita suddetta, consentendo all’interessato di recuperare tale cittadinanza.

61      Nella specie, occorre rilevare che la revoca della naturalizzazione acquisita in Germania dal ricorrente nella causa principale non è divenuta definitiva e che nessuna decisione riguardo al suo status è stata adottata dallo Stato membro di cui egli possedeva in origine la cittadinanza, ossia la Repubblica d’Austria.

62      Nel contesto del presente rinvio pregiudiziale, occorre ricordare che i principi affermati nella presente sentenza in ordine alla competenza degli Stati membri in materia di cittadinanza, nonché l’obbligo di questi ultimi di esercitare tale competenza nel rispetto del diritto dell’Unione, si applicano tanto allo Stato membro di naturalizzazione quanto allo Stato membro di cittadinanza originaria.

63      Tuttavia, la Corte non può pronunciarsi sulla questione se il diritto dell’Unione osti ad una decisione che non è stata ancora adottata. Infatti, come rilevato dal governo austriaco all’udienza, spetterà eventualmente alle autorità austriache adottare una decisione sul punto se il ricorrente nella causa principale recupererà la propria cittadinanza di origine e, se del caso, ai giudici austriaci valutare la regolarità di tale decisione, una volta che questa sarà stata adottata, alla luce dei principi affermati nella presente sentenza.

64      Tenuto conto di quanto precede, non è necessario statuire, nell’ambito del presente rinvio, sulla seconda parte della seconda questione.

 Sulle spese

65      Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara:

Il diritto dell’Unione, e segnatamente l’art. 17 CE, non osta a che uno Stato membro revochi ad un cittadino dell’Unione la cittadinanza di tale Stato acquisita per naturalizzazione, qualora questa sia stata ottenuta in maniera fraudolenta, a condizione che tale decisione di revoca rispetti il principio di proporzionalità.

Firme