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Giurisprudenza italiana

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Trib. Salerno Sez. I, Sent., 07/09/2013

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

IL TRIBUNALE DI SALERNO

PRIMA SEZIONE CIVILE

riunito in camera di consiglio nella seguente composizione:

dott.ssa Giulia Carleo - Presidente

dott.ssa Antonella Di Stasi - Giudice

dott. Giuseppe Fortunato - Giudice relatore

Sciolta la riserva assunta all'udienza del 19.07.2013 ha emesso la seguente

SENTENZA

nella causa civile iscritta al N. 5462/2009 R.G., avente ad oggetto accertamento dello status (...) vertente tra:

H.S. nata a N.G. (C.) il (...), elett.te domiciliata in Serre (...) Cavour n. 28, presso lo studio dell'Avv.to Nicola Maria Melchionda e della dott.ssa Maria Sev(...) la rappresentano e difendono in virtù di procura a margine dell'atto di citazione

ATTORE

E

MINISTERO DELL'INTERNO - in persona del ministro pro tempore rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura distrettuale dello Stato di Salerno;

CONVENUTO

Con l'intervento del PUBBLICO MINISTERO presso il Tribunale di Salerno

Svolgimento del processo

H.S., nata a N.G. (C.) il (...), è giunta in Italia con la sua famiglia nel 1992, in fuga dalla guerra nei Balcani e da allora non ha più lasciato l'Italia. La sua permanenza nel Paese è stata legittimata in primo luogo nel 1994 in virtù del permesso di soggiorno per motivi umanitari ottenuto dal padre, H.M., ai sensi della L. n. 390 del 1992 , per sé ed i membri della sua famiglia; quindi, nel 2003, per effetto di permesso di soggiorno per motivi familiari, in ragione di un provvedimento del Tribunale di Bologna; infine nel 2007, fino al raggiungimento della maggiore età avvenuto in data 22.12.2007, in forza di permesso di soggiorno rilasciato dalla Questura di Bologna.

Dal 2001 la famiglia H. è stata sostenuta dal Servizio Sociale Minori di Casalecchio di Reno (Bo), che, oltre a fornire un alloggio, ha sostenuto il percorso di formazione di H.S. dal 2003 al 2007, con attività lavorativa regolarmente svolta fino al 2007. È stato lo stesso Servizio Sociale ad interessarsi di verificare se l'odierna attrice godesse della cittadinanza croata, inoltrando in data 16.11.2006 formale richiesta al Consolato Generale della Repubblica di Croazia e ricevendo risposta negativa.

Dal 22.12.2007 la H. si è traferita a Colliano (Sa). Rimasta priva di permesso di soggiorno, in data 09.12.2008, ha inoltrato istanza di riconoscimento dello status di apolide al Ministero dell'Interno; il Ministero ha risposto in data 20.01.2009, comunicando preavviso di rigetto ai sensi dell'art. 10 bis (...) 241/90, invitandola ad integrare la documentazione a corredo dell'istanza con il certificato di -residenza e il titolo di soggiorno in corso di validità; l'attrice ha replicato in data 27.01.2009 di essere, impossibilitata a produrre il titolo di soggiorno essendo irregolare in Italia; il Ministero ha (...)gettato l'istanza in data 02.03.2009.

A questo punto, la sig.ra H. ha citato dinanzi al Tribunale il Ministero degli Interni, con atto di citazione notificato il 15.05.2009, chiedendo, in via cautelare, di ordinare alle competenti autorità amministrative ex art. 700 c.p.c. la provvisoria ed immediata concessione di un titolo di soggiorno ai fini dello svolgimento di attività lavorativa, quindi, nel merito il riconoscimento dello status di apolide e per l'effetto l'ordine alle competenti autorità di provvedere all'iscrizione dell'attrice nelle liste anagrafiche, al rilascio di carta di identità e codice fiscale e ai conseguenti adempimenti, nonché al rilascio di permesso di soggiorno per motivi di apolidia.

Costituitosi in giudizio il Ministero dell'Interno, a mezzo dell'Avvocatura dello Stato, ha dedotto, in primo luogo, la correttezza del proprio operato, evidenziando che la documentazione a corredo dell'istanza formulata dalla sig.ra H. risultava carente del certificato di residenza in Italia e del valido titolo di soggiorno in spregio all' art. 17 del D.P.R. n. 572 del 1993; ha quindi sostenuto il mancato assolvimento dell'onere della prova incombente in capo all'attrice, per la inidoneità della documentazione prodotta a dimostrare la perdita della cittadinanza originaria, anche in ragione del fatto che le ricerche erano state effettuate da parte attrice presso le Autorità di Rappresentanza diplomatica in Italia e non presso le competenti Autorità degli Stati interessati. Ha concluso chiedendo il rigetto della domanda.

Nel corso del giudizio, il Giudice istruttore, con provvedimento depositato il Provv. 18 dicembre 2009 , dichiarava inammissibile la domanda cautelare, sia in quanto anticipatorio del rilascio del permesso di soggiorno - atto non rientrante nella competenza del Tribunale - sia per la insussistenza di nesso di strumentalità tra il provvedimento richiesto e la sentenza di accertamento della condizione di apolide.

In data 29.09.2011, il Collegio, al quale la causa era stata rimessa per la decisione, ne ordinava la rimessione sul ruolo davanti al G.I., facendo carico alla parte attrice di dimostrare la circostanza negativa della cittadinanza serba.

All'udienza del 29.04.2013, l'attrice depositava comunicazione del 03.12.2012 dell'Ambasciata della Repubblica di Serbia, secondo la quale la H. non risultava iscritta nei registri dei cittadini della Repubblica di Serbia, né inserita tra le persone alle quali è stata concessa la cittadinanza della Repubblica di Serbia.

All'udienza del 19.07.2013, il Giudice assumeva la causa in decisione con rinuncia delle parti ai termini di cui all'art. 190 c.p.c. e raccolto il parere favorevole del P.M. all'accoglimento della domanda.

Motivi della decisione

Va preliminarmente affermata la giurisdizione dell'adito giudice in ordine alla richiesta di riconoscimento dello status di apolide, secondo quanto affermato dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione (Sez. U, Sentenza n. 28873 del 09/12/2008 Rv. 606251), in ragione dell'appartenenza di tale procedimento contenzioso alle cause in materia di stato e capacità delle persone, exart. 9 c.p.c. attribuite in via esclusiva al tribunale, nonché relativo ad un diritto civile e politico, la cui tutela è sempre ammessa ex art. 113 Cost. davanti al giudice ordinario.

Trattasi di procedimento di natura contenziosa, da proporre, in difetto di diversa esplicita previsione del legislatore, nel contraddittorio con il Ministro dell'Interno, nelle forme dell'ordinario giudizio di cognizione e non in quelle del rito camerale davanti al tribunale, e da definire con sentenza (come statuito di recente, v. Cass. civ., sez. 1, sentenza n. 7614 del 04/04/2011 Rv. 617461).

Come sancito nella sentenza delle SS.UU. sopra citata, il Ministero dell'Interno è l'unico soggetto dotato di legittimazione passiva, in quanto lo straniero fa valere nel processo un diritto che gli può essere riconosciuto anche in via amministrativa, ai sensi dell' art. 17, D.P.R. n. 572 del 1993, dallo stesso Ministero, il quale, dunque, da una ricognizione giudiziale dell'apolidia, può restare vincolato a certificarla. I due procedimenti volti ad ottenere il riconoscimento dello status di apolide, quello amministrativo e quello giurisdizionale, sono autonomi e fondati su presupposti diversi, richiedendo il primo il rispetto di un rigoroso onere di produzione documentale, mentre il secondo, invece, non è assoggettato a limiti di prova.

L'applicazione del rito ordinario rende non più rilevabile d'ufficio il profilo di competenza per territorio, che avente natura inderogabile ex art. 25 c.p.c. , andava comunque rilevata d'ufficio entro la prima udienza di trattazione.

Tanto premesso, il Collegio ritiene che la domanda sia fondata e vada pertanto accolta.

Come noto, ai sensi dell'art. 1 della Convezione di New York del 28.9.1954 relativa allo status degli apolidi (ratificata e resa esecutiva in Italia con L. 1 febbraio 1962, n. 306 ) l'apolide è "una persona che nessuno Stato, in base al proprio ordinamento giuridico, considera come proprio cittadino", con espressa esclusione dall'ambito di protezione della Convenzione di coloro che ricevano protezione o assistenza da parte di organo delle Nazioni Unite diverso dall'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati, delle persone rispetto alle quali sussistano fondati motivi di ritenere che abbiano commesso un crimine contro la pace, o un crimine di guerra o contro l'umanità.

L'apolidia può essere originaria, quando sussista fin dalla nascita o successiva, quando la persona perde la cittadinanza che aveva in precedenza senza acquisire la cittadinanza di un altro Stato, a causa di una manifestazione propria o altrui, di una nuova normativa o comunque di un atto dei pubblici poteri.

Ai fini dell'assolvimento dell'onere probatorio in applicazione della regola generale di cui all'art. 2967 c.c. , in astratto, l'apolide dovrebbe dimostrare di non essere cittadino di nessuno dei numerosissimi Stati esistenti al mondo. Per costante interpretazione giurisprudenziale, tuttavia, si ritiene sufficiente che l'interessato provi di non essere cittadino di quegli Stati con i quali ha intrattenuto rapporti significativi e dunque che, in concreto, dimostri di avere perso la cittadinanza dello Stato di origine e quella dello Stato di ultima residenza e di non avere acquistato né la cittadinanza dello Stato di ultima residenza né la cittadinanza italiana, mentre sarà onere dell'amministrazione convenuta provare eventuali circostanze impeditive al riconoscimento dello status.

Ciò posto, occorre rilevare che la condizione di apolidia, nella maggioranza dei casi, cui appartiene anche quello in esame, come sostenuto già nel lontano 1976 da parte del Tribunale di Milano (con Provv. del 31 maggio 1976) non si correla all'esplicita privazione della cittadinanza da parte dello Stato di origine attraverso provvedimenti formali, bensì discende da una situazione di fatto in cui vengono a trovarsi i soggetti per effetto di univoci atti di rifiuto degli organi internazionali ad accordare loro la tipica protezione spettante al cittadino. Si tratta di comportamene delle autorità che determinano una privazione sostanziale della cittadinanza sotto il profilo dell'esercizio dei diritti fondamentali dell'individuo riconosciuti dalla convenzione ONU citata, ma anche dall'art. 15 della Dichiarazione Universale dei diritti dell'uomo.

Ritiene il Collegio che agli atti di causa sussistano elementi sufficienti ad escludere che l'attrice sia cittadina di alcuno degli Stati con i quali-risulta aver intrattenuto rapporti rilevanti ai fini dello status civitatis.

Ed invero, in primo luogo, la H.S. non risulta aver acquisito la cittadinanza cloata Stato dove assume di essere nata ed aver trascorso i primi due anni di vita.

Infatti, a fronte della formale richiesta relativa allo stato di cittadinanza da parte del Servizio (...)ciale Minori del Distretto di Casalecchio di Reno, inoltrata in data 16.11.2006, il Consolato Generale della Repubblica Croata, in data 15.01.2007, ha risposto negativamente; inoltre, in merito alla richiesta di fornire il certificato di nascita di H.S. e della sorella H.A., il Consolato ha risposto in data 20.04.2007 che entrambe non risultavano iscritte nei libri di nascita della città di Nova Gradiška.

Con riguardo alla Repubblica serba, cui risulta legata in virtù della nascita a Vuitrn dei suoi genitori H.M. e H.C., l'Ambasciata della Repubblica di Serbia in data 03.12.2012 ha comunicato che là H. non risulta iscritta nei registri dei cittadini della Repubblica di Serbia, né inserita tra le persone alle quali è stata concessa la cittadinanza della Repubblica di Serbia.

Infine, nei riguardi dell'Italia, Stato con il quale l'attrice ha intrattenuto ed intrattiene i rapporti più significativi, essendo ivi giunta nel 1992 senza più allontanarsene, risulta palese che la stessa non ha acquistato la cittadinanza italiana. Va rilevato, al riguardo, che, intanto, sarebbe contrario a ragionevolezza da parte dell'attrice voler ottenere, con l'azione intrapresa, uno status deteriore rispetto a quello di cittadino italiano ipoteticamente acquisito. Inoltre, poiché la prova da fornire sarebbe una certificazione negativa di cittadinanza italiana e, considerato che, in materia di cittadinanza, il legislatore ha attribuito le relative competenze agli uffici dello stato civile presso ogni Comune (R.D. 9 luglio 1933, n. 1328), laddove l'attrice, come nel caso di specie, abbia una residenza di fatto all'interno del territorio nazionale, ma non una residenza anagrafica, si riproporrebbe la conseguenza paradossale sul piano probatorio di dover produrre la certificazione negativa di cittadinanza da parte di tutti i Comuni italiani.

Sembra, invece, che, anche in ragione del principio di vicinanza della prova, il mancato acquisto della cittadinanza debba essere verificato dal convenuto Ministero dell'Interno o dal Pubblico Ministero chiamato a rendere il suo parere, anche ai fini del rilievo dell'esistenza di eventuali condizioni impeditive al riconoscimento dello status di apolidia.

Ebbene, nel caso di specie, non è stata dimostrata l'esistenza di tali condizioni.

Non colgono nel segno le difese formulate dal Ministero per il tramite dell'Avvocatura dello Stato.

Con riguardo al rilievo della correttezza dell'operato del Ministero, occorre precisare che il presente giudizio non ha ad oggetto la verifica della legittimità del rigetto dell'istanza presentata ai se(...) 17 del D.P.R. n. 572 del 1993 . Non si tratta, infatti, di un'azione volta ad impugnare quel (...) amministrativo, bensì di un giudizio di accertamento dello status di apolidia, attivabile sia a pre(...) a quell'iter amministrativo, sia a seguito del suo infruttuoso espletamento. Anzi, l'a(...) dell'apolidia in sede giurisdizionale soccorre proprio allorquando la prova documentale manchi potendo il giudice ordinario avvalersi di ogni strumento istruttorio per accertare lo stato del ricorrente, dichiarandolo con una sentenza definitiva anche se instabile, perché emessa rebus sic stantibus.

Relativamente, poi, all'eccezione formulata dall'Avvocatura in merito alla inidoneità probatoria della documentazione prodotta da parte attrice per effetto della provenienza da Autorità di Rappresentanza diplomatica in Italia e non dalle competenti Autorità straniere, essa risulta priva di pregio, dovendo considerarsi, da una parte, che, ai sensi della Convenzione di Vienna del 24 aprile 1963 sulle relazioni consolari, tra le funzioni consolari rientra quella di "agire in qualità di notaio e d'ufficiale di stato civile ed esercitare funzioni simili come alcune funzioni d'ordine amministrativo", dall'altra, che non è esigibile da parte di un soggetto che non abbia ormai più legami con il Paese di origine, ma viva in Italia sin dall'infanzia, che si rivolga alle Autorità straniere nelle loro sedi piuttosto che a quelle consolari con sede in Italia.

Per altro verso che la ricorrente sia residente di fatto in Italia si ricava dalla documentazione versata in atti circa l'accesso alle prestazioni di assistenza versata in atti.

Sussistono in conclusione tutti i presupposti per l'accoglimento della domanda, con riconoscimento all'attrice dello status di apolide, per non essere questa riconosciuta da alcuno Stato (Stato di nascita ovvero con il quale ha intrattenuto rapporti rilevanti tali da dar vita ad un collegamento) come cittadina alla stregua della corrispondente legislazione.

Le spese di lite devono essere integralmente compensate tra le parti in ragione della particolare natura della controversia, nonché in considerazione del difetto di documentazione idonea a definire con esito positivo il procedimento amministrativo ed essendo, conseguentemente, resa necessaria l'istruttoria oggetto del presente giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale di Salerno, definitivamente pronunciando nella causa iscritta al N. 5462/2009 R.G., disattesa ogni altra domanda ed eccezione:

1) riconosce a H.S., nata a N.G. (C.) il (...), lo status di apolide , ai sensi e per gli effetti della Convenzione di New York del 28.9.54, ratificata in Italia con L. n. 306 del 1962 ;

2) dichiara integralmente compensate le spese processuali tra le parti.

Così deciso in Salerno, il 25 luglio 2013.

Depositata in Cancelleria il 7 settembre 2013.